Ieri la BCE, con una decisione scontata (tant’è vero che i mercati la “prezzavano” già da tempo), ha abbassato i tassi, portandoli al 3,50% (ma quelli sui rifinanziamenti è passato dal 4,25% al 3,65%, con una “limatura” di 60 bp, mentre quelli marginali dal 4,50% al 3,90%, allineandosi in questo modo maggiormente a quelli sui depositi).
Non si placano, peraltro, i distinguo tra chi avrebbe voluto un taglio maggiore (0,50%), nel timore che, anche in considerazione degli effetti “postergati” (di solito sono necessarie diverse settimane, se non mesi, perché il beneficio “entri in circolo), e chi, invece, sostiene la correttezza della scelta della Presidente Lagarde (che si è affrettata a dire che il Direttivo si è espresso all’unanimità). Allo stesso tempo, quasi a suffragare la bontà della propria azione, ha reso note le attese sulla crescita dell’Area UE, in leggero peggioramento rispetto a giugno, con il PIL visto al + 0,8% per l’anno in corso, al + 1,3% per il 2025 e al + 1,5% per quello successivo. Numeri non eclatanti, ma comunque positivi, che si accompagnano anche a dati sull’occupazione sempre positivi (il tasso di “attività”, vale a dire la percentuale degli occupati rispetto alla popolazione, viaggia intorno al 75% in Europa – in Italia, per quanto siamo ai massimi storici, siamo al 62% circa). In altre parole, che bisogno c’è (per la BCE) di “allentare” ancor di più la corda?
Eppure prevale la percezione che la situazione sia ben più grave di quanto non ci dicano i numeri (ne possiamo avere conferma ogni giorno nei dialoghi bevendo un caffè o ascoltando le notizie sui vari notiziari e talk show). In altre parole, la convinzione è che la crescita sia ben più asfittica rispetto alle percentuali di cui sopra e che, di contro, l’inflazione si collochi ancora su livelli superiori rispetto al 2,5%/2.6% di fine agosto.
La crescita (il PIL) di un Paese, come detto in altre occasioni, è la “summa” di più voci, le più importanti delle quali sono raccolte nei consumi, nelle attività manufatturiere, nei servizi e negli investimenti delle imprese.
Il primo impatto del taglio dei tassi si dovrebbe far sentire nella prima e nell’ultima voce: se il costo del denaro diminuisce, diminuiscono gli oneri finanziari per le imprese, che tornano ad essere incentivate ad investire.
Stessa cosa per i consumi: se il mutuo costa meno (si calcola che il taglio di ieri, la riduzione della rata mensile sia intorno al 2 – 3%), le famiglie avranno più risorse da dedicare alla spesa o all’acquisto di generi di consumo.
Si diceva, peraltro, che la percezione sullo stato dell’economia continua a rimanere piuttosto negativa.
La ragione potrebbe essere che la “costruzione” del PIL oggi è un po’ diversa, nei Paesi sviluppati, rispetto a 40 o 50 anni fa: i “contributori” della, crescita, cioè, oggi partecipano in percentuali ben diverse rispetto a quel periodo.
Quelli erano anno in cui la voce più importante era, senza dubbio, l’attività manufatturiera: la connessione, quindi, tra andamento industriale e crescita era ben più evidente (e immediata) di quanto non sia oggi.
In questi mesi, ogni pubblicazione dei dati macro è correlata di numeri che evidenziano una profonda divaricazione tra l’attività manufatturiera e quella derivante dai servizi: la prima, mese dopo mese, in riduzione (in Italia, agosto è stato il 18° mese consecutivo in cui si è ridotta, in Germania ben sappiamo come stanno le cose, con il Paese in stagnazione, per non dire recessione: è ben nota la sua vocazione industriale, basti pensare all’automotive, forse il settore “trainante” per eccellenza per quella economia), mentre la seconda continua a crescere a ritmi molto sostenuti, soprattutto per quei Paesi (il nostro in primis) dove turismo e ricettività sono componenti fondamentali (infatti questa estate – ma lo stesso vale se allarghiamo l’osservazione a tutto l’anno – le presenza di stranieri è aumentata a doppia cifra). Sommando le 2 voci, il saldo diventa quindi positivo: ma essendo la componente manufatturiera ancora molto rilevante, molteplici sono gli “alert” negativi: la diminuzione degli ordini, le scorte che crescono (basti pensare al settore delle pelli in alcuni distretti, punta dell’iceberg del settore forse più in crisi, quello della moda), le ore lavorate sempre inferiori (fattore che rende meno “virtuoso” il dato sui record occupazionali). Essendo il nostro, nonostante la forza dell’ospitality, un Paese ancora a vocazione industriale, ecco probabilmente spiegatala “dicotomia” tra andamento del PIL e fiducia dei cittadini: i turisti faranno fatica a trovare posto negli hotel di lusso (si pensi che solo a Milano quelli a 5 stelle sono ben 15, ma non bastano…), ma molti, oltre ad arrivare a fine mese con fatica, pensano che il futuro non sarà così semplice. Ne derivano, sicuramente, comportamenti “restrittivi”, che portano a limitare i consumi; ma se scendono i consumi la produzione dei beni diminuisce (a meno che non si vogliano riempire di merci i magazzini), e se si produce di meno per forza di cose si lavora di meno, etc etc.
Ci aspettano, quindi, mesi non semplici, in cui bisognerà prestare la giusta attenzione ai dati, non fermandosi alla “superficie”: questo probabilmente il motivo per cui le Banche Centrali si muoveranno “a vista”, decidendo di volta se e quanto intervenire (paradossalmente, nel discorso di ieri, la Lagarde ha tenuto la porta aperta non solo ad uno stop nella “marcia” verso la normalizzazione dei tassi, ma addirittura, se le spinte inflattive dovessero tornare ad essere “vivaci”, ad un nuovo irrigidimento monetario.
Ieri seduta positiva per i listini europei e per quelli statunitensi (Nasdaq + 0,97%, Dow + 0,58%, S&P 500 + 0,75%), in linea con la riduzione dei tassi da parte della BCE.
Finse settimana più nervoso per i mercati del Pacifico, con il Nikkei in calo dello 0,68%, Positiva Hong Kong, con l’Hang Seng a + 0,80%, mentre non fa più notizia “l’apatia” di Shanghai (- 0,50%), specchio di una realtà economica che non gode di ottima salute.
In rialzo a Taiwan il Taiex (+ 0,3%), mentre il Kospi di Seul è in leggero calo.
Futures in leggero rialzo un po’ ovunque.
Giornata di gloria per il petrolio, che si allontana dai minimi dell’anno; un rialzo che continua anche questa mattina, con il WTI a $ 69,54 (+ 0,73%).
Gas naturale Usa a $ 2,375 (+ 0,64%).
Nuovo record per l’oro, a $ 2.572 (+ 0,49%).
Spread a 138 bp, con il BTP al 3,56%.
Bund al 2,18%.
Treasury 3,64%.
€/$ 1,1076, con l’€ in leggero recupero.
Bitcoin a $ 58.035.
Ps: il turismo, oramai, non ha più confini. La conferma ci arriva dalla missione spaziale Polaris Dawn, attraverso la quale Space X, la creatura creata da Musk nel 2002 con l’obiettivo di portare l’uomo su Marte entro il 2020.
Per la prima volta un turista ha potuto “passeggiare” nello spazio, a 700 Km dal suolo terrestre. Una passeggiata di soli 10’, ma non gratis. Pare infatti che il “turista” (il miliardario americano – come potrebbe essere altrimenti – Jared Isaacman) abbia sborsato qualche centinaio di milioni di $ per guardare tutti “dall’alto in basso”….